Abbiamo fatto quattro chiacchiere con Cire, ovvero Marco Ciresola. Mantovano, è tra i vocalist più affermati e amati d’Italia (per ben 2 volte, nel 2012 e nel 2014, è stato eletto miglior vocalist ai Dance Music Awards). Intrattenitore, produttore musicale, affina da subito il dono della voce e, ormai da 20 anni, è protagonista nei locali d’Italia. Dal 2018 porta avanti CirEvolution, progetto con all’attivo decine di live. E continua a mettere la sua voce al servizio di top dj come Benny Benassi, Tujamo, Steve Aoki, Bob Sinclar, Gabry Ponte, Nervo… “Lavoro soprattutto nel Nord-Italia, con collaborazioni solide e durature”, racconta Cire. “Quest’anno ho cominciato a dire di ‘no’: non vengo perché ho troppe date o perché il progetto non mi convince”.
Quando la pandemia bloccava l’Italia molti erano convinti che eventi e concerti non sarebbero ripresi velocemente… invece non è certo stato così.
“La musica è vita, senza musica e senza vita non si può stare. Anche io ero tra quelli che la luce in fondo al tunnel l’hanno vista sempre. E’ bello aver avuto ragione”.
Come fa la differenza in console?
“Sono 20 anni che lavoro con nei migliori club italiani. E’ una professione che svolgo con costanza e passione. Avendo a che fare con un pubblico prevalentemente giovane, l’aggiornamento sugli slang in voga è costante”
Eventi, musica e divertimento: ci sono nuovi trend nel settore?
“Sta prendendo piede, rispetto al passato, la tech-house, un po’ a discapito di certa EDM senz’altro meno raffinata. In generale, c’è tanta voglia di divertirsi, un entusiasmo trasversale, dalle piste alle piazze, una voglia immensa di lasciarsi il periodo del Covid alle spalle. Il mio lavoro di animatore è fondamentale per la riuscita di eventi del genere”.
E un bel periodo per chi propone divertimento?
“E’ un periodo molto positivo. Assistiamo ad una vera e propria rinascita post-reclusione. Assaporiamo di nuovo la libertà di vivere la musica, di abbracciarsi, di sudare insieme”.
Oggi i concerti sono tantissimi… E’ l’unico boom in corso?
“Probabilmente no. Ci sono anche tanti dinner show. Chi però propone solo questo tipo di serata forse vada a snaturare la storia della discoteca, che nasce come posto in cui si balla”