Già quand’era bambino disegnava sui quaderni i cinque cerchi delle olimpiadi. Perché, per lui, la ginnastica artistica è sempre stata molto più di una semplice passione.
E’ un raro esempio di tenacia Gabriele Tisselli, per tutti “Nesquik”, 17enne del Gymnastic Romagna Team, atleta capace in questi anni di superare come birilli tutti gli ostacoli del destino: da quel fisico asciutto e longilineo, forse poco adatto per alcune specialità, all’ostruzionismo illogico di un sistema scolastico che, anziché incoraggiare la sua sana passione per lo sport, ha provato invano a spegnerla; fino a quegli infortuni seriali che, tuttavia, non gli hanno impedito, lo scorso anno, di dare il suo fondamentale contributo alle Final-Six di Napoli, quelle che hanno decretato la storica promozione in A1.
Gabriele, quando è nata questa passione per la ginnastica artistica?
“Da bambino tante estati fa sulla spiaggia di Cesenatico. Ero in riva al mare con paletta e secchiello e rimasi folgorato dalle acrobazie di una ragazza. I suoi salti, la sua coordinazione, quella capacità di disegnare coreografie nell’aria mi fecero scattare la passione. Ne parlai con mia madre che, di lì a poco, mi portò in palestra a Cesena. Appena posai il piede su quella pedana capii subito che quel luogo sarebbe diventata la mia seconda casa…”.
Oggi il team è una sorta di grande famiglia…
“E’ normale che sia così quando trascorri, per tanti anni, così tanto tempo assieme alle stesse persone. Ci sono figure che sono state molto importanti per la mia crescita di uomo e di atleta. I miei compagni li considero ormai dei fratelli e la stessa Nicoletta Martinini (la “vice” di coach Germani, ndr) per me è quasi una seconda mamma”.
Per quale ragione ti chiamano “Nesquiq”?
“Ero talmente piccolo quando mi hanno affibbiato quel soprannome che quasi non ne ricordo la ragione precisa. Mi hanno raccontato che, quando avevo 7-8 anni, non stavo mai fermo, avevo un’energia inesauribile. E così il mio vecchio allenatore mi diede quel nomignolo prendendo spunto da una pubblicità (“l’energia del cioccolato”) che oggi in tv non trasmettono neanche più”.
A proposito, il passaggio da Pasquali a Germani?
“E’ stato duro ma non traumatico, anche se a Pasquali va dato il merito di aver impostato in questi dieci anni un programma tecnico vincente. Claudio nel lavoro con i giovani resta il numero uno, ma Germani ha grande esperienza anche ad alti livelli e dunque, in questa fase della nostra carriera sportiva, lo reputo per noi il tecnico giusto al momento giusto”.
Nell’ultima stagione sei stato perseguitato dagli infortuni: qual è oggi la tua condizione fisica?
“Sono stato operato il 2 marzo al polso sinistro e, verso settembre, sono iniziati i dolori al polso destro. Subito dopo la fine della stagione ho iniziato la magnetoterapia che sto continuando anche adesso sottoponendomi ogni giorno a sedute di otto ore. A breve avrò una visita specialistica e lì, referti alla mano, capirò quali sono le mie reali condizioni”.
Per la prossima stagione si punta su di te soprattutto per sbarra e corpo libero…
“In particolare alla sbarra penso di avere ancora ampi margini di miglioramento, anche perché, essendo un attrezzo totalmente di slancio, si presta molto alle mie caratteristiche fisiche. Inoltre, da qualche tempo, sto facendo un lavoro di potenziamento per guadagnare forza in quegli esercizi, come il volteggio, dove la muscolarità fa la differenza. In ogni caso, io sono e mi sento a tutti gli effetti un atleta all-around e dunque il mio obiettivo è quello di tornare ad alti livelli in tutti gli attrezzi, soprattutto alle parallele e al cavallo con maniglie che, fino a qualche anno fa, erano i miei esercizi preferiti”.
Oggi frequenti la quarta superiore del liceo scientifico sportivo di Cesena, una scuola privata che hai scelto dopo qualche problema avuto nel primo biennio all’ITI…
“In effetti, i primi due anni delle superiori non sono stati facili. Io facevo di tutto per conciliare sport e studio ma, nonostante il mio impegno, ad alcuni docenti sembrava non importasse nulla della mia attività sportiva ed anche i compagni erano poco solidali. Io all’epoca ero tra i primi dieci atleti italiani della mia categoria e dunque rientravo nel programma ministeriale del Miur, che prevede percorsi formativi dedicati per gli atleti di alto livello. Ma per alcuni professori la mia era solo una perdita di tempo e, alla fine, fui rimandato in matematica e disegno. In estate superai gli esami mentre mi allevano ogni giorno in palestra, ma giurai a me stesso che non avrei mai più messo piede in quella scuola”.
Al liceo scientifico sportivo, invece, ti hanno accolto con un altro approccio…
“Direi un altro mondo. E devo ringraziare, in particolare, la professoressa di scienze motorie Manuela Amaducci, che mi ha seguito durante tutte le fasi del mio inserimento dimostrandomi quella sensibilità che, negli anni precedenti, non avevo mai trovato. E’ soprattutto grazie a lei se oggi ho ritrovato la mia serenità e posso continuare ad inseguire i miei sogni”.
E quali sono i tuoi sogni?
“In primis, diventare un pilastro della nazionale e poi, magari un giorno, partecipare alle Olimpiadi”.